Secondo appuntamento con Psycho-Pass. La mia collega Chiara Sulis ha discusso la prima stagione la settimana scorsa. Oggi parlerò della seconda e la settimana prossima ci sarà un confronto a due sul film.
Tutto chiaro? Speriamo, perché il difficile deve ancora arrivare.
La prima stagione di Psycho-Pass è lontana dall’essere perfetta, ma funziona. È buia, inclemente, accattivante, inquietante, ipnotica, dinamica. E c’è una distanza tale fra la prima e la seconda stagione che è davvero difficile vederle come componenti di un prodotto unico. Tanto che la seconda stagione si chiama, tecnicamente, Psycho-Pass 2. Ciò non significa assolutamente che la seconda stagione di Psycho-Pass sia da buttare. Resta un prodotto valido e di qualità. Il problema è piuttosto che si pone in dissonanza nei confronti della prima.
Le Basi
La seconda stagione si apre presentando dinamiche viste nella prima, con personaggi nuovi e un caso pronto a rivelarsi molto più complesso del solito già dalla fine del primo episodio. C’è un senso di continuità con la prima stagione, anche se la diffidenza non manca, perché la continuità è più nella struttura base che nei contenuti.
Dal momento che i personaggi della prima stagione costituivano un grandissimo punto di forza della narrazione, una prima difficoltà per spettatore e sceneggiatore è di credere nella continuità di Psycho-Pass anche senza gli individui che lo costituivano. Ad accompagnare Akane, sempre protagonista, entrano quindi in scena la nuova Inspector Mika Shimotsuki, e due nuovi Enforcerers, Hinakawa e Togane. Di questi e dei personaggi della prima stagione che sono presenti nella seconda parleremo più avanti.
Ripercorrendo una situazione del primo episodio della prima stagione, Akane dimostra che il libero arbitrio del singolo è essenziale al perseguimento della giustizia più dell’automatica esecuzione della volontà del sistema. Malgrado Sibyl intenda eliminare il sospettato, Akane riesce a fargli abbassare il coefficiente di criminalità in modo da poterlo apprendere per interrogarlo. Entra quindi in scena anche il nuovo antagonista, Kirito Kamui. È una scena di impatto che si appresta a cambiare le regole del gioco. Ha inizio il “mistero del ‘WC?’ (What Colour?)”, tema portante della stagione. Nel mentre, per somma sorpresa di Akane e colleghi, il sospettato viene rilasciato perché il suo coefficiente di criminalità si abbassa tanto che non è più legale detenerlo.
Psycho-Pass 2 parte quindi con una situazione altamente stimolante. Nuove falle di Sibyl in vista, aspettative sull’acquisizione di nuove conoscenze sulla sua natura e nuove riflessioni su quella degli esseri umani.
Leviamoci, tuttavia, un grosso sasso dalla scarpa: la seconda stagione di Psycho-Pass consta di soli 11 episodi. La metà di quelli che componevano la prima. La trama quindi procede a ritmo molto più sostenuto. In un crescendo di violenza, arriviamo al conflitto finale. Il fatto che questa stagione duri molto meno della precedente è anche un pilastro portante delle varie difficoltà e carenze di cui soffre questa stagione.
Per il momento, però concentriamoci su come questa stagione sviluppa il suo conflitto centrale.
Il Conflitto Centrale
Dal momento che siamo già a conoscenza del funzionamento di Sibyl, il conflitto centrale prende un punto di vista diverso in questa stagione. Parlando della prima stagione, la mia collega ha giustamente individuato il conflitto narrativo centrale nel paradosso del Sibyl System:
“Gli individui sono necessari ma vanno de-individuallizati”.
Psycho-Pass è consapevole di questo paradosso e lo esplora attraverso una sua versione di quel che è tradizionalmente noto come il paradosso dell’onnipotenza. Kamui è “fantascientificamente” composto da 184 individui differenti. Ciò che conta non è quanto sia credibile. Ciò che conta è che adesso abbiamo un individuo che è effettivamente un gruppo. Come Sibyl. Pertanto Kamui si muove come ente ugualmente legittimato a giudicare ed intende giudicare il Sibyl System stesso.
Il problema con tutto ciò è piuttosto la risposta alla domanda: questo scenario alimenta in qualche modo il conflitto portante di Psycho-Pass? È vero che abbiamo un individuo effettivamente de-individualizzato. Tuttavia, la risoluzione del conflitto lascia un po’ a desiderare su una sfera che sia pratica e narrativa e non solo un esercizio teoretico. O almeno le conseguenze avrebbero dovuto ricevere uno spazio certamente maggiore del colpo di scena secondario che troviamo nel finale.
Per certi aspetti, sia il personaggio di Kamui sia la sottotrama della presunta follia di Akane sembravano intenzionati a ragionare sui concetti di individuo e identità personale. Tuttavia, questa sottotrama finisce con l’essere più un modo di enfatizzare il rapporto difficile fra Akane e i suoi colleghi, piuttosto che l’occasione di dire qualcosa di più interessante. E se è ovvio che la domanda sul colore che Kamui pone al Sibyl System si riflette anche su se stesso, ciò che ne deriva non costituisce un discorso ricco e complesso come quelli a cui la prima stagione ci aveva abituati.
I Problemi
Sfortunatamente, malgrado la seconda stagione di Psycho-Pass non sia priva di stimoli di riflessione e resti comunque abbastanza godibile, non riesce a raggiungere il livello della prima. Un motivo centrale da tenere sempre a mente è che cerca disperatamente di comprimere la complessità che era tanto attraente nella prima stagione in metà del tempo.
Ci sono anche altri problemi.
-Problema centrale 1: Altro sceneggiatore, altro focus.
Nella seconda stagione, il potere della penna passa da Gen Urobuchi a Tow Ubukata, che aveva lavorato a Ghost in the Shell: Arise. Per l’anime che voleva essere l’erede di Ghost in the Shell, un simile passaggio di testimone era decisamente promettente.
Il problema è che, evidentemente, Psycho-Pass era talmente frutto di una visione organica di Urobuchi che sarebbe stato comunque difficile non avvertire il passaggio a una mente creatrice diversa. Ed ecco un chiaro elemento di dissonanza. Già dall’inizio, la seconda stagione cerca piuttosto di ricreare l’inizio della prima. Il conflitto fra Akane e Sibyl, l’esplorazione della natura del loro compromesso, è lasciato largamente in disparte, soprattutto nel momento in cui la sottotrama della follia di Akane svanisce in una nuvola di fumo.
In generale, la seconda stagione fa della trama a carattere poliziesco un elemento più centrale. Il focus della prima stagione non era tanto risolvere i crimini ed esultare insieme ad Akane e colleghi quando ci riuscivano. I crimini che i personaggi dovevano risolvere servivano come porte narrative per esplorare l’impatto di Sibyl e le falle del sistema da un punto di vista pratico quanto teoretico. Il poliziesco offriva lo scheletro strutturale perché riflessioni sulla società, sulla giustizia, sul dovere potessero sorgere in maniera stimolante, provocatoria, profonda. Questa organicità non è altrettanto presente nella seconda stagione.
-Problema Centrale 2: I Personaggi
Esempio di immagine iconica di Psycho-Pass.
Aka: esempio di un elemento centrale di Psycho-Pass.
I problemi con i personaggi di Psycho-Pass 2 iniziano qui. Questa immagine, nella seconda stagione, non ha praticamente più senso di esistere. Kogami è stato praticamente assimilato dall’inconscio di Akane. Eppure i suoi cameo sono più interessanti della presenza costante di molti dei nuovi personaggi.
Sì, è una falla immensa.
Malgrado lo sviluppo del personaggio di Akane sia piuttosto credibile e interessante, perdiamo anche un po’ il fascino della coming of age story che avvertivamo nella prima stagione.
Cosa resta? Un caos di possibilità incompiute.
La più dolorosa è probabilmente quella costituita da Ginoza. Questo personaggio aveva tutti i requisiti per poter offrire un’evoluzione interessante in questa seconda stagione. Peccato che la sceneggiatura lo costringa a restare in panchina tutto il tempo.
Togane passa dal ricordare un po’ troppo un Kogami che ci è tristemente negato ad annichilirsi completamente nella sua back-story. Un colpo di scena che lascia molto il tempo che trova.
Shimotsuki è decisamente il personaggio che convince meno. Se Ginoza nella prima stagione assumeva spesso atteggiamenti conflittuali nei confronti di Akane, le sue motivazioni erano credibili, coerenti. Il personaggio aveva anche abbastanza spessore da risultare interessante, vero e sembrava pronto ad avere un’evoluzione promettente. Shimotsuki invece dovrebbe incarnare l’inquietudine del cittadino perfettamente inserito nel sistema, pronto a seguirlo a ogni costo. Come tale, avrebbe forse potuto trovare un posticino nella prima stagione. In questa risulta solo seccante, così come risulta incredibile che sia presente per tanto tempo sulla scena.
Il nuovo antagonista, in qualità di successore di Makishima, doveva competere con un’eredità enorme. Troppo grande, forse. Il problema con il personaggio di Kamui non sta tanto nell’implausibilità della sua costituzione, quanto nel fatto che quel che non riesce a ottenere in carisma, cerca di compensarlo in abilità. E quante abilità!
Makishima riusciva quasi sempre a convincerci delle sue capacità di manipolare gli altri e del suo genio. Kamui sembra piuttosto richiedere, come un deus ex machina, un upgrade di capacità ogni volta che la trama deve avanzare perché egli possa costituire una minaccia crescente. Il risultato è che viene percepito troppo artificio. Troppo perché lo si trovi pienamente affascinante e spesso troppo perché lo si trovi anche credibile.
Il fatto che i personaggi di questa seconda stagione siano molto meno convincenti è forse ciò che più distanzia le due stagioni.
Anche l’attrattiva filosofica di Psycho-Pass era data anche dal fatto che, creando un gruppo di personaggi ricchi, venivano offerte prospettive diverse, contrastanti ma tutte interessanti su diverse questioni. La prima stagione di Psycho-Pass è praticamente una citazione filosofica continua, una continua espressione più o meno letterale di prese di posizione e thought experiments a queste riferite. E riusciva a farsi seguire con dedizione proprio perché alla base c’era un cast di personaggi ampio, forte e intelligentemente approfondito.
La prima stagione di Psycho-Pass si fa divorare ogni volta, perché ogni volta lo spettatore può approcciarla decidendo di approfondire uno degli spunti possibili, o più spunti diversi ogni volta. Questa poliedricità è ampiamente appiattita nella seconda stagione.
E così questa stagione sembra dimenticare quanto siano i personaggi a fare una storia. Inserire personalità superficiali e spicciole in una narrativa con grandi potenzialità non può tradursi in un ottimo prodotto.
Note Aggiuntive e Verdetto
-Meno nocivo è stato il cambiamento di casa di produzione. Malgrado sia impossibile dire che la qualità dell’animazione non ne abbia risentito un minimo, resta godibile e fedele alla prima stagione quanto basta perché le differenze non siano fonte di distrazione. Il più delle volte.
-La questione splatter. Sì, ce n’è davvero tanto. Non che nella prima stagione mancasse il sensazionalismo splatter, ma la differenza si nota. Mi sembra una scelta consapevole. Se lo scopo principale di Sibyl è quello di eliminare il crimine, di eliminare la violenza, la manifestazione più ovvia del fallimento del sistema è lo scoppio sanguinolento, brutale, sensazionalistico della stessa. La seconda stagione si apre con un esplosione. Difficile avere una più chiara dichiarazione di intenti. Sarebbe quindi scorretto assumere che non ci sia stata neanche una consapevolezza delle scelte prese in merito. Si è voluto tentare un percorso diverso. È comunque comprensibile che soddisfi un po’ meno.
-Le inconsistenze con alcune meccaniche di base della prima stagione. Ci sono. Sì, infastidiscono, ma i problemi veri sono altri.
Q&A essenziali da porsi a una seconda stagione/ sequel:
- Da una risposta sensata ai quesiti posti? Più o meno.
- Era necessaria? “Necessario” è un termine forte, ma è indubbio che la prima stagione aveva lasciato spunti per sviluppi interessanti.
- Aggiunge sviluppi interessanti/importanti? Non quanti avrebbe potuto. Ha perso diverse occasioni e sviluppato poco quel che aveva.
Verdetto: Psycho-Pass 2 resta un prodotto generalmente buono, ma le eccellenze sono altre. Soffre in particolar modo perché continua un percorso che era iniziato in modo molto più convincente.